Il calendario del cibo italiano

Food  07 Luglio 2016

Siamo lieti di ospitare in questa rubrica il progetto, ideato e realizzato dall’AIFB Associazione Italiana Food Blogger che si propone di diffondere la cultura e la tradizione gastronomica dell’Italia, attraverso l’istituzione di un Calendario in cui si celebrano, in 366 giornate e 52 Settimane Nazionali, i piatti e i prodotti più tipici italiani, scelti sulla base della loro diffusione e dei loro legami con la cultura popolare e organizzati sulla base del calendario delle stagioni e delle ricorrenze litugiche o istituzionali.

Ciascuna delle 52 settimane è dedicata all’approfondimento di un tema scelto fra quelli che hanno maggiormente influito sulla storia della gastronomia italiana, così da delinearne in modo preciso la fisionomia. Ciascun giorno dell’anno è dedicato alla celebrazione di uno dei piatti o prodotti tipici che ne hanno decretato la fama.

L’obiettivo è quello di dar vita ad una vera e propria festa del cibo italiano, in modo corale e costante, nell’ottica di un riscatto della tradizione, delle eccellenze, del territorio, della storicità delle testimonianze umane e della tutela delle tecniche tramandate di generazione in generazione, nella consapevolezza che anche la cucina italiana è un patrimonio culturale, le cui ricchezze vanno quindi tutelate e preservate in primo luogo da chi a questa cultura appartiene per origine e per nascita.

Il protocollo di intesa tra l’Associazione Nazionale Città dell’Olio e l’Associazione Italiana Food Blogger intrapreso nel 2014 continua in maniera proficua ed il Magazine Anco desidera partecipare a questa corale Festa del Cibo Italiano, di cui anche l’extra-vergine è protagonista, diffondendo contemporaneamente ad AIFB, le principali Settimane Nazionali del cibo e le ricette che i soci AIFB condivideranno sui propri blog.

QUESTA È LA SETTIMANA DELLA PASTASCIUTTA

Ambasciatrice Mariangela D’Amico A little place to rest 

“Diceva Ennio Flaiano che il nostro, più che un popolo, è una collezione. Ma quando scocca l’ora del pranzo, seduti davanti a un piatto di spaghetti, gli abitanti della penisola si riconoscono italiani come quelli d’oltre manica, all’ora del tè, si riconoscono inglesi. Neanche il servizio militare, neanche il suffragio universale (non parliamo del dovere fiscale) esercitano un simile potere unificante. L’unità d’Italia sognata dai padri del Risorgimento oggi si chiama pastasciutta.” (Cesare Marchi, Quando siamo a tavola)

Se vi chiedessero di stilare una lista di termini in grado di descrivere il concetto di “italianità”, una delle parole che probabilmente vi verrebbero in mente sarebbe “pasta”. Che si tratti di spaghetti al pomodoro, di linguine al pesto o di penne all’arrabbiata, non c’è scampo al sublime rito italico del gustare, almeno una volta al giorno, un piatto di questo alimento; tanto che tale abitudine ci ha resi oggetto, nel tempo, di forti stereotipizzazioni.

Era ovvio, quindi, che il Calendario del Cibo Italiano dedicasse alla pastasciutta, uno dei simboli della nostra cultura gastronomica, un’intera settimana di celebrazioni, che prende il via proprio oggi.

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DEFINIZIONE

Nell’accezione occidentale odierna, la pasta è quell’alimento a base di semola o farina, di forma e dimensione variabile, destinato a essere cotto in acqua e sale, riconducibile a una delle seguenti categorie: pasta fresca, ripiena o secca. L’ultima è quella che utilizziamo quando prepariamo la “pastasciutta”, ovvero un piatto a base di pasta secca lessata, servita con sughi, salse o altri intingoli. Per legge, la pasta secca prodotta a livello industriale in Italia deve essere costituita da acqua e semola/semolati di grano duro con specifiche caratteristiche chimiche.

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LA STORIA

La storia della pasta è ricca di aneddoti e le sue origini non sono ancora state chiarite con esattezza. Di certo, i due poli principali intorno ai quali si è sviluppato l’uso di questo alimento sono la Cina e l’attuale Italia. Dalla prima, la pasta si è diffusa in tutta l’Asia, assumendo connotati propri; dal nostro paese è arrivata, invece, a essere conosciuta in tutto il Mediterraneo, in Europa e in Medio Oriente. Le fonti storiche più recenti hanno sconfessato la diffusa teoria secondo cui fu Marco Polo a introdurre la pasta in Italia dalla Cina, poiché sono state rinvenute tracce anteriori del suo utilizzo in zone come la Sardegna. Le peculiarità principali della nostra pasta, rispetto a quella asiatica, sono l’utilizzo di cereali quali il grano e il frumento e le conseguenti diverse tecniche di lavorazione.

È nel Medioevo che si impone l’abitudine di far seccare al sole l’impasto di acqua e farina per consentire una più agevole conservazione dell’alimento; gli storici attribuiscono la paternità dell’invenzione della pasta secca a lunga conservazione agli abitanti della Sicilia musulmana, impegnanti in commerci con popolazioni nomadi bisognose di prodotti non deperibili da utilizzare nei loro spostamenti. Da questo momento, la pasta conosce un’evoluzione notevole: cambia il metodo di cottura – da quello in forno alla bollitura, al tempo molto lunga poiché si preferiva consumarla molto cotta – ed inizia la produzione di nuovi formati. Compaiono, proprio in Italia e soprattutto nel centro-Sud, le prime paste forate: rigatoni, penne e bucatini. Nel XIII secolo vengono fondati,a  a Napoli e Genova, i primi grandi pastifici e il consumo della pasta si diffonde tra le classi sociali inferiori. Mastro Martino, cuoco e gastronomo del Quattrocento, fornisce le prime indicazioni sulla cottura e sul condimento della pastasciutta nel suo Libro de arte coquinaria, suggerendo di scolare la pasta “al dente” e di utilizzare sughi leggeri e dal buon valore nutrizionale, proprio per far sì che il consumatore-tipo, impegnato nel duro lavoro della terra, potesse trovare il giusto nutrimento ed essere in grado di sopportare le fatiche quotidiane. L’abitudine di aggiungere una generosa manciata di formaggio grattugiato alla pasta risale a quest’epoca e non è mai andato perduto.

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Dal XVIII secolo Napoli diventa la capitale della pastasciutta: da qui si irradia e consolida l’uso di consumarla quotidianamente, abitudine oggi diffusa da nord a sud in tutta la penisola, ma che resta, fino a inizio Novecento, appannaggio delle classi più povere. Sarà durante la Seconda Guerra Mondiale e negli anni del boom economico che un insieme di fattori – tra cui la diffusione del suo utilizzo per sfamare in modo veloce ed economico le truppe e la grande influenza esercitata, in seguito, dalla pubblicità e dal cinema – renderanno il piatto di pastasciutta un vero e proprio status symbol.

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CARATTERISTICHE DEL CONSUMO

Oggi il consumo di pasta secca industriale in Italia, seppur leggermente in caduta, si assesta su un valore medio pro-capite pari a 24 kg annui, cifra che ci fa balzare in cima alla classifica dei maggiori consumatori mondiali; il volume della produzione industriale è di circa 3,5 milioni di tonnellate all’anno e l’Italia è leader mondiale di settore, con un export in continua espansione. I formati reperibili sul mercato sono oltre 300 (inclusi, però, quelli di pasta fresca e all’uovo), tra pasta corta e pasta lunga, rigata e liscia – la prima più adatta a sughi poco densi, la seconda a quelli più corposi -; ma i tre più consumati sono gli spaghetti, le penne rigate e i fusilli, con tortiglioni, mezze penne e spaghettini a seguire. Per quanto riguarda i condimenti, ogni regione ha le sue peculiarità: carbonara, cacio e pepe, gricia ed amatriciana nel Lazio, pesto in Liguria, ragù in Emilia, vongole o frutti di mare in Campania, la pasta alla norma in Sicilia, solo per citare i più famosi.

SIMBOLO DI UN PAESE

Alcune specifiche caratteristiche hanno reso la pastasciutta un “alimento identitario” per la nostra nazione, oltre a farlo diventare uno dei piatti più famosi al mondo. Innanzitutto, preparare un piatto di pasta è facile e veloce e crea all’istante un clima di convivialità; la pasta è, inoltre, estremamente versatile, adatta a essere condita in una miriade di modi diversi, da quelli più semplici, a quelli più sofisticati e ricercati; infine, un costo molto contenuto rende il prodotto alla portata di tutti. Grazie a queste peculiarità, la pastasciutta è riuscita ad occupare un posto di primissimo piano sulla tavola degli italiani e ancor di più, se possibile, su quella dei nostri emigrati e delle seconde e terze generazioni sparse in giro per il mondo, che le hanno attribuito un forte valore simbolico, rendendolo mezzo di connessione con le proprie origini.

LA COTTURA

Se è vero che “tutti sanno cuocere la pastasciutta ma non tutti riescono a cuocerla come occorre”, come ci ricorda Ada Boni, è necessario tenere a mente alcune indicazioni chiave. Nello specifico, occhio alla quantità di acqua (mezzo litro per ogni 100 g di pasta), all’utilizzo della pentola giusta (fianchi alti e bombati e buona capienza), alla salatura (10 g per ogni litro d’acqua). È importante mescolare la pasta con un forchettone una volta gettata in acqua, affinché non si attacchi, e testare il grado di cottura raggiunto a mano a mano che la cottura procede; a questo proposito, un buon trucco è quello di controllare se all’interno dello spaghetto (o di qualsiasi altro formato di pasta) sia visibile un sottile strato ancora bianco, segnale che indica la necessità di continuare la cottura ancora qualche istante. Al momento di scolare la pasta, il sugo deve essere già pronto all’uso in una terrina calda così da poterla condire immediatamente ed è buona cosa fermare l’ebollizione versando in pentola in bicchiere d’acqua fredda e conservare un po’ d’acqua di cottura per allungare il sugo qualora risultasse troppo asciutto.

Fonti:

  • Boni A., Le ricette ritrovate del talismano della felicità, Colombo 2007
  • Portincasa A., La pasta come stereotipo della cucina italiana Patrimoni simbolici e identità nazionale nell’Italia del Novecento, “Storicamente”, numero 3, 2007
  • Sabban F., Serventi S., La pasta: storia e cultura di un cibo universale, Laterza 2011
  • it.wikipedia.org/wiki/Pasta

FONTI FOTO:
foto 1-2-3 da  L’ENCICOPEDIA DELLA CUCINA ITALIANA volume 2 “LA PASTA” De Agostini Editore S.p.a
foto 4 da google immagini

Sulla pagina del sito dell’AIFB (Associazione Italiana Food Blogger)  dedicata al Calendario del Cibo trovate anche tutti i contributi realitivi alla Settimana della Pastasciutta

Partecipano come contributors:

Alessia Massari, Spaghetti di Gragnano con pesto di peperoni, sardine fritte e polvere di cappero 

Erica Zampieri, Nero come il carbon 

Daniela Ceravolo, La stroncatura, ricetta tradizionale calabrese 

Enrica Gouthier, Reginette con melanzane 

Lucia Melchiorre, Chitarra pomodorini e tarallo 

Irene Prandi, Inganna preti al ragù antico 

Cristina Tiddia, Pasta fredda con verdure