Il tempo delle castagne

Food  19 Ottobre 2016

SETTIMANA NAZIONALE DELLA CASTAGNA

Ambasciatrice Silvia Leoncini per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar

Per me, foodblogger di montagna, è un piacere essere ambasciatrice della Settimana della Castagna: non parleremo solo di castagne, ma anche di marroni e della differenza che intercorre tra un frutto e l’altro.

Il castagno è una di quelle coltivazioni che hanno segnato la storia italiana nei secoli, trasversale in tutto l’arco alpino (e non solo, perché è diffuso anche lungo la dorsale appennininca fino alla Sila): è stato un vero e proprio albero del pane per tante generazioni.

Maestoso, ad alto fusto, la sua ricca chioma fornisce per prima cosa ombra e riparo e poi, se la siccità e il cinipede galligeno (parassita che nell’inverno 2006/07 seminò la distruzione nei castagneti italiani) non sono troppo di ostacolo, anche e soprattutto cibo.

E’ un albero che potremmo definire cauto, nel senso che è l’ultima pianta ad alto fusto della montagna a fare i fiori in primavera: lunghi da 5 a 10 cm, si presentano come un salsicciotto peloso delle dimensioni di un dito mignolo femminile. Spesso nevica ancora ad aprile anche a quota 1000 metri e il castagno lo sa, si attrezza e temporeggia a dovere.

Probabilmente questa pianta è originaria dall’Anatolia; di certo era presente nell’area mediterranea già ai tempi dei Greci, visto che Ippocrate ne cita le “noci piatte” come ottimo rimedio lassativo e il poeta latino Virgilio – nelle Bucocliche – ci ricorda che:

Si ergono ginepri e gli ispidi castagni;

giacciono qua e là sotto gli alberi i loro frutti

Inevitabilmente, discorrendo di castagne, vi parlerò anche della mia zona, il Cuneese; del resto qui (e non altrove) ha sede la FIERA NAZIONALE DEL MARRONE. Però scopriremo come ogni regione italiana possa dire la sua su questo frutto autunnale.

bosco-di-castagni

Esaminata dal punto di vista organolettico la castagna si rivela assai interessante: se fresca, contiene acqua per circa il 50% (cioè meno di un comune frutto a polpa), ma il suo apporto calorico è decisamente più alto, raggiungendo le 200 Kcal per 100 g di frutto fresco e addirittura le 350 Kcal per 100 g da secco.

Anche il contenuto di fibre è interessante (7-8%), ma decisamente sono gli zuccheri che ne fanno un alimento valido nelle diete povere: il 35% di zuccheri e amidi è una percentuale notevole (a fronte del basso contenuto di grassi) e si accompagna ad una buona quota di potassio e di magnesio – indispensabili nell’alimentazione umana – e a calcio e fosforo.

Per quel che riguarda le diete proteiche, introdurre la castagna (o la sua farina) significa aumentare l’apporto in termini di proteine, come invece non accade per la frutta a polpa; inoltre va assolutamente ricordata l’assenza di glutine, che fa della farina di castagne un valido aiuto nelle diete dei celiaci.

castagne

Credits: I Fotografi Ambulanti

Possiamo affermare con ragionevole sicurezza che sono stati i Romani ad importare la coltivazione del castagno nelle zone di Cuneo, in tutto il Piemonte e lungo l’intera dorsale appenninica italiana: lo trapiantarono anche in Corsica, dove ancor oggi fitti castagneti ricoprono la zona centrale montuosa attorno a Corte.

Furono poi i monaci delle antiche certose (nel Cuneese facciamo riferimento a quelle di Casotto e Chiusa Pesio, ma ogni agglomerato monastico sparso nei boschi della penisola si assunse spontaneamente quest’onere) a insegnarne il rispetto e la cura sistematica quando si cominciò ad uscire dalle tenebre e dalle carestie medioevali.

Stiamo parlando degli albori del XII secolo e non è un caso se ancor oggi le antiche certose sono circondate da fitti castagneti che annoverano colossi imponenti: lì attorno, stremati dalle scorribande dei Barbari e dei Saraceni, i valligiani si riunirono per imparare di nuovo a coltivare la terra e ad averne cura.

C’erano ovunque leggi ben precise, imposte dai signori locali, che impedivano di far legna indiscriminatamente nei castagneti: un conto era tagliare i piccoli fuscelli che nascevano spontaneamente attorno ai grandi alberi, un altro aggredire i rami delle piante adulte, cosa assolutamente vietata e sanzionata pesantemente.

capanna-castagne-2

Se, comunque, oggi le montagne di Cuneo (e un po’ di tutto il Piemonte) sono ricoperte massicciamente (oserei dire capillarmente) di castagni fino a quota di 1000 metri lo si deve ai Savoia, che ne incentivarono la coltivazione sistematica a partire dal 1400, dopo aver constatato, tramite i loro studiosi, quanto alcune zone fossero abitate da persone in precarie condizioni di salute e quanto, soprattutto, fosse diffusa la pellagra, una perniciosa avitaminosi da imputarsi all’alimentazione inconsistente.

Lo stesso intento da buon padre di famiglia lo ebbero i Signori delle varie zone appenniniche del centro Italia.

Con castagne e latte, che costituirono per secoli colazione, pranzo e cena delle popolazioni di montagna, si poteva fornire a tutti un pasto equilibrato e con un significativo contenuto di vitamine B1, B2, B3, C e PP.

Ma non solo: del castagno non si butta via nulla, perché con le foglie si facevano cuscini, i materassi e anche i giacigli per gli animali e dal legno si ricavava il tannino, ottimo per la tintura e la concia delle pelli.

Proprio la produzione del tannino, resa possibile grazie all’abbondanza di acqua del territorio di Mondovì (CN), è stata fino a tutto l’Ottocento una delle risorse di punta del basso Piemonte e di quella zona in particolare.

Ancor oggi a San Michele Mondovì c’è la Silvateam che lavora il tannino ed ha anche uno stabilimento a Rende, in Calabria.

Per questi motivi la cultura del castagno è radicata nelle popolazioni di montagna in tutta Italia: in passato rappresentava la vita in tutte le sue sfaccettature, dal cibo al lavoro.

Sarebbe bello che i bambini di città potessero visitare il Museo Etnografico Diffuso della Civiltà del Castagno, che sorge sul territorio montano di Mondovì, snodandosi tra Montaldo, Serra di Pamparato e Fontane: oltre al materiale didattico disponibile, si può andare direttamente nel bosco degli Ubbè per ammirare le piante nel loro splendore e vedere come era fatto, fino a pochi decennia fa, uno scau, o seccatoio da castagne.

castagna-cotta

Credits: I Fotografi Ambulanti

Già, perché le castagne generalmente non si conservano se non vengono fatte seccare: raccolgono umidità (e parecchia ne hanno dentro) e rapidamente vanno a male.

In realtà, piccole quantità possono essere conservate anche sotto la sabbia o nell’acqua (con un sistema complicato di cambi e ricambi chiamato novena), ma la maggior parte si faceva e si fa ancora seccare per diventare castagna bianca, cioè il frutto interno, seccato e battuto per fargli perdere la buccia.

La castagna bianca, facile da macinare, importante tassello dell’alimentazione contadina del passato in tutta Italia, è tutelata a Mondovì dall’Accademia della Castagna Bianca.

padelle-castagne

Credits: I Fotografi Ambulanti

C’è davvero tutto un mondo che ruota attorno alla semplice parola castagna, tanto che la Direttiva 92/43/CEE ha inserito anche il castagneto tra gli habitat vegetali interessanti a livello europeo, proprio per la sua larga diffusione sul territorio italiano.

Una prova empirica di ciò possiamo averla anche semplicemente scorrendo le ricette regionali: dal castagnaccio ligure, toscano ed emiliano ai marrons glacés piemontesi, dalle castagne in forno alla bergamasca alla minestra d’orzo con castagne e feseuj sarda. Ogni regione italiana vi fornirà l’interpretazione tradizionale della propria cucina con le castagne.

Veniamo adesso alle domande tecniche e alle curiosità.

CASTAGNE E MARRONI: QUALI LE DIFFERENZE? QUANTI E QUALI TIPI DI CASTAGNE ESISTONO SUL TERRITORIO NAZIONALE?

Parecchie sono le varietà di castagna e di marrone che offre il nostro territorio: alcune sono protette da denominazione europea ed altre non ancora; spesso accade che localmente i nomi attribuiti derivino dal dialetto, quindi non è facile elencarle tutte.

Quel che è, invece, più o meno univocamente definito è il numero di frutti per riccio: nel caso dei marroni non si superano le 3 unità per questioni di dimensione, alcuni ricci di castagne ne possono contenere addirittura 5. Chiaramente questo va a discapito delle dimensioni dei frutti, che saranno tondi se in posizione esterna e piatti se più interni, fino a poter essere vuoti.

I marroni sono prodotti IGP, presenti soprattutto in Valle Chiusa Pesio in provincia di Cuneo, in Valle Susa in provincia di Torino, in alcune zone dell’Appennino Tosco-Emiliano, sul Monte Amiata e della provincia di Viterbo.

Il resto sono castagne; magari grandi, bellissime, ma castagne.

QUALI SONO QUINDI LE DIFFERENZE TRA IL MARRONE E LA CASTAGNA?

Spesso si trovano definizioni diverse, e perfino contrastanti, sia in rete che nell’immaginario di ognuno. Senza volermi definire un’esperta, vi dico la mia, da proprietaria di un castagneto da frutto, che funge meravigliosamente da giardino di casa.

Tento di elencare qui di seguito le definizioni piuù gettonate e poi cercheremo di capire quali siano vere e quali no.

Il Marrone:

1. si trova solo in certe zone e il suo nome è una definizione IGP;

2. ha un contenuto di zuccheri maggiore rispetto alle castagne;

3. è costituito all’interno da un seme fatto da un pezzo unico, che non si divide in cottura;

4. tolta la scorza scura, si spella facilmente, mentre la castagna no;

5. è di forma ovoidale, mentre la castagna è fatta a goccia, con apice piuttosto evidente;

6. è di color marrone scuro, ma striato di chiaro, mentre la castagna è completamente uniforme per colore;

7. è una castagna più grossa del normale, ma null’altro di diverso;

8. è semplicemente il frutto dell’albero innestato, mentre la castagna è il frutto di quello selvatico:

Le affermazioni dalla 1 alla 6 sono vere: il marrone è di forma ovoidale, di colore marrone scuro striato, la sua polpa ha un contenuto di zuccheri maggiore rispetto alla castagna, la pellicina che la riveste si toglie facilmente (il che semplifica la lavorazione), il seme interno è un pezzo unico (senza pellicine che lo dividano a metà), si trova solo in certe zone, che sono state catalogate in modo che i loro frutti potessero avere la denominazione IGP.

Viceversa sono false le affermazioni 7 e 8.

Il marrone è una castagna molto grande, ma non tutte le castagne grandi sono marroni: la polpa del marrone, interna alla scorza scura, è un pezzo unico, mentre nelle castagne la pellicola che ricopre il seme si insinua al suo interno, fino a creare un diaframma che divide il seme in due parti.

Per questo con la castagna è difficilissimo fare i marrons glacés: cuocendo, i frutti si dividono facilmente, cioè si rompono!

Inoltre non è vero che un castagno selvatico, se innestato, inizierà a produrre marroni.

Per ricondurci ad un esempio pratico: i miei alberi e tanti altri della zona sono molto grandi (alcuni, a giudicare dalle dimensioni del tronco, sono almeno bicentenari), sono stati innestati a loro volta con castagni da frutto molto tempo fa, producono castagne enormi e dolci, ma divise in due all’interno e con apice molto evidente e colore uniforme.

Quindi abbiamo in casa molti dei requisiti necessari, ma non produciamo marroni: la mia valle e quelle limitrofe non sono comprese, infatti, nel territorio del Marrone cuneese IGP.

La denominazione IGP per il Marrone è nata proprio per questo: tiene conto di quelle piccole differenze che fanno la grande differenza finale tra le castagne Italiane che possono definirsi marroni e le altre ottime castagne.

castagne-al-fuoco

Credits: I Fotografi Ambulanti

E adesso, dopo averne tanto parlato, nell’invitare tutti a visitare la FIERA NAZIONALE DEL MARRONE DI CUNEO, vi parlo finalmente di cucina: non solo castagne arrosto o lessate!

Le castagne possono anche fare da superbo secondo se saltate in padella con cipolla, rosmarino, sale e pepe; essere una goduriosa farcia per il pollo o l’arrosto, accoppiata anche alle mele verdi acidule; costituire la farina dei vostri tagliolini speciali o di gustosissime crêpes; diventare una vellutata, un cremosissimo budino, una marmellata o perfino una mostarda.

E proprio questa mia mostarda di castagne, ottima con i formaggi stagionati e con i prosciutti artigianali, è la ricetta che vi regalo.

Buon appetito!

mostarda-di-castagne

MOSTARDA DI CASTAGNE

INGREDIENTI

1 kg di castagne spellate

500 g di zucchero di canna

0.75 l di acqua + un po’

2 foglie di alloro

6 chiodi di garofano

1 cucchiaino raso da caffè di povere di cannella

1 barattolino di olio essenziale di senape

Precauzioni per l’uso dell’olio essenziale di senape:

– si ordina in farmacia, anche se è per uso alimentare;

– se ne usano pochissime gocce e bisogna stare attenti agli occhi, quindi INDOSSATE GLI OCCHIALI quando lo utilizzate!

– pizzica in gola, non va inalato né lasciato alla portata dei bambini

PROCEDIMENTO

Spellate le castagne (parte noiosissima), lessatele in acqua bollente con un pizzico di sale fino a che siano appena morbide, ma senza disfarsi, e spegnete subito.

A parte preparate lo sciroppo portando ad ebollizione acqua e zucchero, con i chiodi di garofano, l’alloro e la cannella in polvere, mescolando di tanto in tanto

Fate addensare lo sciroppo: diventerà abbastanza bruno, e se ne verserete su un piattino freddo, subito sarà liquido, ma appena si raffredderà noterete che è viscoso.

A quel punto la densità sarà quella giusta, e dovrete spegnere il fornello.

Lasciando le castagne nell’acqua calda (al limite aggiungete dell’acqua fredda per raggiungere una temperatura sopportabile), prelevatele coi guanti e ripulitele delicatamente dalla pellicina che le riveste.

Togliete i chiodi di garofano e l’alloro dallo sciroppo e tuffatevi le castagne.

Lasciatele in infusione per 24 ore.

Prelevate ancora le castagne dallo sciroppo e dispontele nei barattoli (mettendo quelle più intere attorno e i frammenti in centro, per una mera questione di estetica).

Scaldate lo sciroppo e quando è ancora parecchio caldo e si è ulteriormente addensato (senza bollire), farci cadere 10 gocce di olio essenziale di senape.

Per esser sicuri iniziate con 6 gocce, mescolate, assaggiate, e decidete quante aggiungerne, in relazione a quanto piccante vorrete fare lo sciroppo.

Versate lo sciroppo nei barattoli fino a coprire completamente le castagne: se non bastasse, per l’ultimo barattolo preparatene un pochino ancora, dosando l’estratto di senape in relazione a quanto sciroppo in più avrete preparato.

Chiudete ermeticamente e fate bollire i barattoli, coperti d’acqua, per almeno 20 minuti.

CONSUMATE DOPO ALMENO UNA SETTIMANA come accompagnamento a lardo, salumi o formaggi dal sapore deciso.

 

Fonti:

P. Virgilio Marone, le Bucoliche, Egloga VII

Wikipedia, https://it.wikipedia.org/wiki/Castagna

Accademia della Castagna Bianca, http://accademiadellacastagnabianca.it/chisiamo.html

Museo Etnogrfico Diffuso della Civilta’ del Castagno, http://www.blugenziana.it/frabosa-soprana.html

Fiera Nazionale del Marrone di Cuneo, http://www.marrone.net/

Silvia Leoncini, Mondovi e le sue Vallate, cd multimediale, 2005

Partecipano come contributors:

Sara Sguerri, Ravioli di Castagne con Pinoli e Rosmarino

Stefania Pigoni, Tagliatelle alle Castagne

Alessia Massari, Tortelli di pecorino, castagne e miele al tartufo

Giulia Moscardo, Gnocchetti di castagne al cucchiaio con finferli e taleggio

Camilla Assandri, Frollini con farina di castagne

Manuela Valentini, Stracadenti alle castagne per Aifb