Il Gran Bollito e il Lesso

Food  14 Novembre 2016

GIORNATA NAZIONALE DEL GRAN BOLLITO E DEL LESSO

Ambasciatrice Erica Zampieri per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar

Lo sa il popolo e il comune che per ottenere il brodo buono bisogna mettere la carne ad acqua diaccia e far bollire la pentola adagino adagino e che non trabocchi mai. Se poi invece di un buon brodo preferite un buon lesso, allora mettete la carne ad acqua bollente senza tanti riguardi. In queste poche righe citate sul capitolo de “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” di Pellegrino Artusi l’essenza della differenza tra Gran Bollito e Lesso. Ma procediamo con ordine.

Cosa ricordo delle domeniche in campagna?

Il profumo del bollito quando entravo di corso in casa di nonna.

La pentola che sobbolliva fin dalla mattina presto e mia nonna intenta a preparare le lasagne al forno; sì perché non sia mai che il pranzo della domenica avesse solo un primo piatto, sempre due e uno era di sicuro un bel piatto di pasta in brodo e di conseguenza, oltre al coniglio arrosto o in umido, c’era il bollito.

Io scendevo e dicevo a nonna:

“Nonna, che odoraccio, è sempre il solito di tutte le domeniche” e con le dita mi tappavo il naso e correvo dal nonno che era in salotto a leggere il quotidiano.

Non ho mangiato bollito fino ai 18 anni, non mi piaceva l’odore e mi rifiutavo di mangiarlo.

Ma poi, con il passare del tempo e diventando adulta, ho cominciato ad apprezzare questo piatto, tant’è che lo preparo almeno una volta a settimana. Ovviamente misto, con carni di manzo e gallina e/o cappone; avendo la fortuna di abitare in campagna tutti possiamo avere cappone e gallina di cortile che per cuocerne le carni passano tranquillamente almeno 3 ore e formano sul brodo quei bellissimi occhi gialli rendendolo gustosissimo.

E’ un piatto presente in molte regioni d’Italia; la versione più famosa è piemontese, chiamata Büi, ma per i Veneziani, dal ‘600 fino ai tempi nostri è stato il piatto quasi giornaliero delle famiglie ricche, perché i poveri non potevano sostenerne la spesa. Nelle cucine di casa, fin dalle prime ore del giorno, erano sempre in bollore le carni e a metà mattina i padroni erano soliti sorseggiarsi un brodetto. Una volta cotte, venivano conservate al caldo e servite con delle salse a parte, in modo che ogni commensale ne prendesse a proprio gusto. La tradizione ne annovera molte ma le più diffuse in Veneto sono la Pearà, la salsa de Cren, la salsa verde, la salsa coi càpari (ma questo sarà argomento della giornata nazionale del 16 novembre). Oggi come allora.

Ma quando il lesso diventa Gran Bollito?

Studiando per scrivere questo post ho scoperto che Lesso e Gran Bollito non sono la stessa cosa: il primo si ottiene dalla preparazione di un buon brodo per servire un ottimo primo piatto di tortellini o come preferiamo noi in Veneto “taiadee in brodo”. Il brodo ha acquistato tutti i sapori e i principi nutritivi della carne. Nel Bollito, invece, protagonista assoluta è la carne ed il brodo che ne risulterà sarà più leggero e meno gustoso del precedente.

Per cuocere questo piatto serve una pentola ben capiente, la carne dev’essere completamente ricoperta dall’acqua e dagli odori.

La differenza sostanziale tra i due piatti è l’utilizzo dell’acqua calda o dell’acqua fredda.

Per il Bollito l’acqua dev’essere in bollore al momento dell’inserimento della carne nella pentola: l’acqua calda sigillerà la carne che quindi conserverà tutti i suoi succhi e non li disperderà nel brodo.

Per il Lesso, invece, la carne va inserita nell’acqua fredda e poi messa sul fuoco.

Un volta che l’acqua comincia a bollire sarà necessario abbassare la fiamma e lasciar sobbollire il tutto fino a 4 ore ad una temperatura di 85-95°: questo permetterà che resti tenera e non si indurisca. Importante che il coperchio della pentola resti leggermente sollevato dalla pentola per evitare che l’acqua riprenda il bollore.

Gli odori e le spezie da abbinare sono le classiche: sedano, carota e cipolla. Racchiudere in una garza di cotone un bouquet di alloro, chiodi di garofano e prezzemolo renderà molto profumato il brodo.

Per quanto riguarda il sale, aggiungerlo solo durante l’ultima ora di cottura della carne.

In molti pensano che preparare il Bollito come da tradizione sia un’operazione complicata e non alla portata di tutti, ma bastano invece pochi e semplici accorgimenti per ottenere risultati spettacolari. Il segreto del “Gran Bollito” sta soprattutto nelle carni utilizzate che devono essere piuttosto grasse poiché altrimenti, a fine cottura, risulteranno secche e stoppose.

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Ma ora tutti vi chiederete che carne si utilizza?

Qui la strada si divide tra chi vuol preparare il Gran Bollito alla Piemontese da chi vuol preparare un semplice bollito di manzo, arricchito magari da un pezzo di gallina; e poi c’è versione di casa mia (e di tutta la provincia di Padova) con l’aggiunta della gallina padovana o del cappone.

Per il Gran Bollito alla piemontese:

– SCARAMELLA (bianco costato di reale, parte alta del reale)

– PUNTA DI PETTO

– FIOCCO DI PUNTA

– CAPPELLO DA PRETE (parte superiore della scapola con muscoli)

– NOCE (muscolo della coscia)

– TENERONE (muscolo lungo della spalla traversato da cartilagine)

– CULATTA (parte superiore della groppa tra sotto filetto e coscia)

Questi tagli devono essere cotti contemporaneamente e immersi in acqua bollente: il loro pregio è dato dal diverso punto di cottura nello stesso tempo, controllabile con una forchetta. I pezzi devono essere legati e steccati con qualche chiodo di garofano, posti in acqua bollente appena salata con cipolla, sedano, carota, spicchio d’aglio intero (a togliere) e ramo di rosmarino.

Durante la cottura schiumare abbondantemente il brodo. Separatamente, ma con modalità eguali alle precedenti, devono essere cotti i seguenti:

Sette ammennicoli o frattaglie di carne:

– GALLINA

– TESTINA

– ZAMPINO (dopo da disossare)

– LINGUA

– LONZA (petto sottile ed un po’ grasso da scottare prima al forno con aromi e rosmarino)

– CODA

– COTECHINO

Prima di portare in tavola a pezzi su carrello caldo, regolare con il sale cospargendo di sale grosso. In una cucina come quella padovana, ricca di umori e sapori forti (anche se forse meno celebrata di altre consorelle venete), l’identità rurale dei luoghi si riversa in piatti come “la gallina a la canevèra”, il risotto ricco alla padovana, il maiale, l’oca in tocio e l’oca in onto (di derivazione ebraica) e soprattutto nel carrello del Gran Bollito. Piatto, quest’ultimo, di origini antiche, capace di resistere alla naturale evoluzione del gusto e di mantenersi ancor oggi sostanzialmente fedele alla sua versione originaria. Questa pietanza così succulenta piaceva molto a Galileo Galilei che, giunto a Padova nel ‘600 per insegnare Matematica all’Università, si riforniva di carni – per sé e per la scuola che dirigeva – da un fidatissimo “beccaro” di Abano. Ed è proprio dalle note di spesa del Galilei, nel periodo compreso fra l’11 dicembre 1604 e il 29 gennaio 1605, che si ricavano ulteriori indicazioni sulla composizione della ricetta, soprattutto in riferimento alla presenza del manzo; mentre in un testo successivo (1639) il tedesco Mattia Giegher, autore de “Il libro de li tre trattati”, edito a Padova, propone, per la stagione invernale, “carne di bue lessa della coscia”, “lonze di vitello” e “galline lesse”, cui poi si aggiungono sia la testa di vitello sia la lingua “salata”, cioè salmistrata.

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Da buona padovana ovviamente ho la ricetta di famiglia che si lega molto a quella della tradizione. Per quanto riguarda la tipologia di carne vengono utilizzati: il bianco costato della croce o il garretto posteriore del manzo, l’immancabile lingua salmistrata di vitello e il musetto di maiale. Il piatto, però, non può essere definito “alla padovana” senza l’omonima gallina!

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Ripiena o meno che sia, deve essere rigorosamente ruspante e soltanto durante le festività può essere sostituita dal cappone. La cottura deve essere effettuata per ogni elemento in una pentola a parte e nell’acqua di bollitura del manzo va aggiunto il bouquet garni, composto da una cipolla, una carota, alcuni gambi di sedano, chiodi di garofano e foglie di alloro. Con il bollito sono contorni d’obbligo il cren, il sale grosso (per manzo e gallina), la salsa verde, il radicchio di campo al tegame, il purè di patate e la mostarda veneta. Non si può, infine, tralasciare l’abbinamento con vini del territorio quali il Rosso dei Colli Euganei e il Friularo di Bagnoli.

Ovviamente un Bollito che si rispetti dev’essere accompagnato dalle giuste salse.

RICETTA DEL BOLLITO ALLA PADOVANA

Ingredienti per 10 persone

1 kg di manzo

1 pezzo di osso di manzo con midollo

1 gallina ruspante

1 cipolla in cui infilare 3-4 chiodi di garofano

2 carote

2 coste di sedano

1 ciuffo di prezzemolo

2-3 foglie di alloro

pepe in grani

sale q.b.

In una pentola sufficientemente grande mettere l’acqua e il sale per far cuocere la carne e la gallina. La regola parla di 3 litri di acqua e 15 gr di sale per ogni kg di carne.

Aggiungere l’osso, le verdure e gli aromi e mettere tutto sul fuoco. Quando l’acqua bolle immergere il manzo e coprire il tutto fino a ¾.

Dopo un po’ cominceranno ad affiorare in superficie le impurità, che dovranno essere asportate con la schiumarola. Abbassare il fuoco al minimo e, dopo 1 ora, aggiungere la gallina.

Continuare a schiumare fino a quando il brodo sarà più limpido.

Aggiungere ora i granelli di pepe e lasciar bollire lentamente per almeno altre 3 ore, sempre a pentola semicoperta. Il manzo e la gallina saranno cotti quando, infilando una forchetta, questa non incontrerà resistenza.

Se invece si vuole ottenere un buon brodo, la carne va immersa in acqua fredda.

In Veneto è uso servire il brodo come primo piatto con tagliatelline all’uovo (“capelli d’angelo” preparati in casa) a cui viene aggiunto, nel momento del servizio, una cucchiaiata di fegatini di pollo soffritti.

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Un ringraziamento speciale a Mario Stramazzo, giornalista, gourmet e accademico, che mi ha dato le fonti giuste per scrivere.

Bibliografia e credits immagini:

http://www.confraternitadelbollito.it/

A tavola con i dogi – Arsenale editrice

Praticamente Pietro – Rivista dell’Istituto Alberghiero “Pietro d’Abano”

http://www.andantecongusto.it/2016/02/il-bollito-perfetto-piccole-dritte-e.html

 

Partecipano come contributors:

Elena Arrigoni, Lesso Leggero

Lidia Mattiazzi, Il bollito misto, il brodo buono