Legge Lodolini: perchè siamo contrari

Il Fatto  05 Luglio 2016

“Una proposta che mette a rischio la nostra storia in base ad un principio di razionalizzazione della spesa che finirà per cancellare il 70% dei comuni e con essi la loro identità fatta di persone, tradizioni e cultura, che sono il “valore aggiunto” dei nostri territori e delle nostre produzioni agroalimentari”. Sono le parole con le quali in una nota ufficiale la Giunta dell’Associazione nazionale Città dell’Olio prende le distanze proposta di legge Lodolini sull’obbligatorietà delle fusioni dei comuni al di sotto dei 5000 abitanti. “L’identità a cui facciamo riferimento – scrivono le Città dell’Olio – è alla base del nostro made in Italy. Il 90% dei piccoli comuni ha ottenuto il riconoscimento di almeno un prodotto Dop.

La netta presa di posizione delle Città dell’Olio

lodolini

Il 60% è interessato dalla cultura degli olivi e sono 40 le denominazioni di origine. Oltre la metà della produzione agroalimentare italiana, è coltivata nei piccoli comuni e sono ben 400.000 le imprese agricole impegnate nella salvaguarda delle colture agricole tradizionali, nel mantenimento delle tipicità alimentari, nella tutela del territorio da dissesto idrogeologico nei comuni che rischiano di scomparire. Questi dati (Ager-Coldiretti ndr) confermano il ruolo fondamentale dei piccoli comuni quali risorse strategiche per lo sviluppo economico delle aree su cui si trovano. La soluzione, quindi, non è cancellare questo immenso patrimonio ma ragionare in termini di Aree Vaste, Unioni di Comuni e Reti, creando opportunità economiche attraverso strategie condivise di marketing territoriale che permettano alle imprese ed ai cittadini di rendersi visibili attraverso politiche coordinate di promozione”. Per le Città dell’Olio, insomma, ad essere messo sotto accusa non è il processo democratico di fusione – tra l’altro già previsto per legge con il decreto del Ministero dell’Interno del 21 gennaio 2015, attraverso un percorso di incentivazione anche economico – ma l’imposizione “forzosa” per legge di questo percorso, che al contrario dovrebbe vedere i cittadini protagonisti ed essere generato dal basso sulla base di presupposti derivanti da abitudini consolidate a collaborare, da affinità economiche e produttive e identità radicate simili.