Alle multinazionali fa paura il “Genius loci”, lo spirito e il simbolo dei nostri territori

Il Punto  15 Marzo 2018



In un mio precedente articolo, uscito un anno fa sul mio blog con il titolo “L’attacco al territorio ed all’agricoltura contadina mette a rischio il primato delle eccellenze Dop e Igp”, sottolineavo la “lungimiranza” di chi, con il regolamento Ue 2081/91, ha trasferito in Europa, allargando all’insieme delle categorie e le specialità dell’agroalimentare, l’esperienza, tutta francese e italiana, delle denominazioni di origine dei vini.

Un processo virtuoso che ha portato, nel corso di un quarto di secolo, al riconoscimento in Europa di 1387 indicazioni geografiche, dando all’Italia la possibilità di salire, a partire dal 2005, sul podio più alto dei riconoscimenti registrati, con la Francia sempre più a distanza. Ad oggi sono 294 i riconoscimenti Dop e Igp per l’Italia, che, se necessario e serve per rafforzare il primato, possono attingere  da una riserva ricca di 5mila prodotti tradizionali, espressi tutti da altrettanto numero di piccoli e grandi territori.

Un patrimonio immenso legato ai territori ed alla ricchezza espressa dalla biodiversità, e, non meno importante, alla cultura e all’impegno dei grandi protagonisti della ruralità, il mondo contadino.

Concludevo queste mie riflessioni scrivendo “l’intero podio rischia di crollare se vengono approvati i due trattati che l’Europa sta per firmare,  quello  con il Canada e quello con gli Stati Uniti d’America, Ceta e Ttip, che servono a dare un potere in più alle già potenti multinazionali che, come si sa, privilegiano la quantità alla qualità, la uniformità alla diversità, riducendo a poca cosa le sovranità nazionali”.

Un di questi due trattati, quello Europa-Canada (Ceta) è stato già approvato ed è in funzione, ma pesano su di esso, come spada di Damocle, le decisioni che verranno prese dai singoli governi nazionali. Basta un No per annullarlo e, per quanto mi riguarda, spero fortemente che questo arrivi prima che le lobby della finanza e delle multinazionali prendano posizione, con i loro modi garbati e le loro accattivanti e convincenti promesse, presso i governi nazionali. Il nostro governo Gentiloni aveva già deciso di approvarlo con un voto di fiducia, poi, invece, rinviato al governo che verrà.

Si dà il caso che chi è fortemente interessato ad avere nelle mani, con l’espressione massima delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni, il mercato globale, non sta a dormire, e, dopo la pausa della Riforma della nostra Costituzione, che avrebbe tolto tutti, o quasi tutti, gli ostacoli sul percorso, ha ripreso la strada e la pratica di smontare uno ad uno quelli rimasti. Un’azione che vede, com’è del resto nelle abitudine di questi padroni del mondo, molti collaboratori, con alcuni che primeggiano nel mondo universitario, nel campo dell’informazione e comunicazione, o, anche, dell’editoria. Tutti impegnati, insieme con istituzioni e loro fondazioni, a sminuire il percorso tracciato dalle indicazioni geografiche (troppe, dicono) o a banalizzare il valore e il significato delle stesse (il panino della Mc’Donald’s o il minestrone della Nestlé) o, anche, con articoli e, perfino, libri, a diffidare della storia, cultura, bontà e autenticità di queste prelibatezze certificate, visto che sono “inventate”.

Il compito assegnato è quello di smontare il castello delle indicazioni geografiche – con il marchio Dop e Igp che ha il significato di garantire di una qualità certificata il consumatore informato – per renderlo un rudere e non più un elemento di distinzione dalle minute casette tutte eguali. Non è da oggi che l’agricoltura industrializzata, con i suoi prodotti, va all’attacco dell’agricoltura contadina, quest’ultima vista come un fastidio da eliminare. Il guaio è che i sostenitori-padroni della prima forma di agricoltura sopra citata ci stanno riuscendo, avendo ormai la politica tutta nelle loro mani e con la complicità stessa di chi dovrebbe difendere il mondo contadino e non lo fa, vuoi per voglia e vuoi per distrazione.

E, così, oggi più che mai, la quantità si scontra con la qualità, l’omologazione con la diversità Qualità e  diversità, quali espressione delle peculiarità, prima di tutto quelle organolettiche delle Indicazioni geografiche, e , anche, i due elementi distintivi strettamente legati all’origine, il territorio.

Si sa che le multinazionali – queste benemerite dell’umanità – e il sistema che sta riducendo a poca cosa il Globo,  non amano territori diversi dalle grandi pianure e coltivazioni che non si adattano a queste realtà.

L’idea che queste benemerite hanno del territorio è chiara, per il semplice fatto che essa è limitata al suo massimo sfruttamento, fino all’esaurimento, e/o alla sua trasformazione in cemento o asfalto. Ecco perché l’Italia con le sue mille e mille colline, le montagne e la stessa pianura, anche se poca, è un fastidio, possibilmente da eliminare o ridurre a poca cosa. Il Paese che, già ai tempi dell’impero romano, parlava di un “genius loci”, lo spirito o il simbolo che riusciva, e ancora riesce, a confondersi con il luogo per esprimerlo, identificarlo e esaltarlo con le sue peculiarità, quali la qualità e la diversità, e, così, rappresentarlo.

Sta tutto qui, da quando hanno preso il sopravvento sulla politica, l’accanimento delle multinazionali contro il meglio che il nostro Paese riesce ancora ad esprimere. E la colpa è tutta e solo del “genius loci”, lo spirito, per loro maligno, che li mette in grande confusione e ambascia.

E’ a questo “genius loci”, che, oggi più di sempre, bisogna aggrapparsi per costruire e vivere un domani sempre più ricco di bellezza dei paesaggi; bontà di tradizioni, storie, culture; di amore; di delicate e forti emozioni.

Pasquale Di Lena – ideatore e promotore delle Città dell’Olio – Presidente onorario

pasqualedilena@gmail.com