Saremo noi olivi a salvare il mondo
Il Punto  19 Marzo 2020



Ha provato, qui in Molise, a piovere una settimana fa, ma niente che potesse dare conforto alla terra arida, assetata, in mancanza di due stagioni, autunno e inverno, di acqua e di neve, di rugiade mattutine e di gelo. 

La nube, che sovrastava la casa del vento e la collina degli olivi, si è scaricata di colpo, come un secchio tirato su dal pozzo pieno e poi rovesciato. Pochi attimi di speranza subito persa.

Gli olivi son rimasti fermi, dopo i due giorni di scirocco, il vento che mette paura per la violenza che  esprime. Fermi e muti in questo periodo che avrebbe bisogno di riposo prima della ripresa vegetativa. 

Non ci sono, in mancanza di acqua, né gemme nuove né tenere foglioline, nonostante il caldo. 

Siamo tutti, e ovunque, a vivere la paura.  Gli olivi per colpa della sete e noi per colpa di un virus.

Flora non è qui e mi raccomanda di prendermi cura di me, degli  olivi e dei nostri amici, cani e gatti, tutti guidati da Lina.

Di quattro giorni fa la mia decisione di consolarli dando a ognuno l’acqua dei due pozzi scavati nei terreni appena comprati, all’inizio di questo secolo, che, poi, daranno vita, con Flora a La Casa del Vento e, su una gobba che precede il Monte di Larino,  ad un oliveto con piccole piante della varietà “Gentile di Larino”. 

Da qui, in rapido sguardo a 360°, si vede un paesaggio spettacolare, illuminato da albe che escono dal mare e da tramonti che si nascondono dietro i monti dell’Appennino centrale.  

Ecco  le colline alte che camminano verso la catena di montagne, il Matese, poi le Mainarde, Monte Greco, la Maiella e, più lontano il Gran Sasso. Il Mare Adriatico che, dall’Abruzzo scende, dopo aver toccato le isole Tremiti, fino al Gargano. Più vicini, i monti di Capracotta e Agnone, Monte Mauro, le terre dei Croati e, a chiudere – intorno alle mie minute “Piane” – quelle degli Albanesi, due comunità che il Molise ha accolto con amore e l’innato senso dell’ospitalità.

Ieri, con l’aiuto di Maria, la pulizia del tronco degli olivi più grandi dall’ovatta, messa qualche anno fa, per difendere le nuove foglie da un insetto che ne è ghiotto, le divora.

Una volta  tagliato il filo di plastica e tolta l’ovatta sentivo il respiro profondo, lungo, e l’urlo liberatorio della pianta che rischiava di rimanere strozzata.   

Appena liberato dell’ultima fascia, con passo lento, ho risalito la collina per raggiungere il punto più alto dell’oliveto. Gli olivi, vecchi e giovani, erano tutti lì, in fila, con le ombre allungate da un sole che stava per raggiungere la cima di Monte Ceci, nell’agro di Casacalenda.   

Stavo alzando la mano per il saluto della sera, quando, come per magia, mi sono ritrovato nel bel mezzo di un grande cerchio di 600 olivi. Bastano due note ed ecco il cerchio muoversi lentamente con i passi di  un ballo lento che a me ha fatto pensare al sirtaki. Po un coro, voci bianche che cantavano “paura non devi aver, paura non devi aver,noi olivi il mondo lo salverem”.

Non solo noi olivi de L’Olio d Flora”– hanno tenuto a sottolinearlo –  ma di tutto il mondo, sapendo che il nostro compito è sempre stato, è, e sarà quello di donare salute e benessere all’umanità, anche se negli ultimo cinquant’anni impazzita dal dio denaro.

 

Pasquale Di Lena – ideatore e promotore delle Città dell’Olio – Presidente onorario