Gli alberi monumentali in una mappa del ministero dell’Agricoltura 

Il Fatto  11 Giugno 2020



Quando ha messo le sue prime radici Abramo stava lasciando Ur, in Mesopotamia, per dirigersi verso la Terra Promessa, l’impero babilonese era agli inizi della sua storia e Troia stava lentamente cercando di riprendersi dall’invasione dei popoli indoeuropei. S’Ozzastru, l’essere vivente più vecchio d’Italia, ha oltre 4000 anni. Si trova a Santo Baltou a Luras, in provincia di Sassari, è un esemplare Olea eureopaea e, nonostante l’età, gode di ottima salute. Il castano dei cento cavalli, invece, ha una circonferenza di 22 metri. E’ tra i più grandi d’Italia, si trova a Sant’Alfio in provincia di Catania, e deve il suo nome alla leggenda che racconta che sotto la chioma dell’albero si sarebbe riparata la regina Giovanna d’Aragona assieme a 100 soldati a cavallo. Le sequoie gemelle di Regello, in provincia di Firenze, con i loro 54 metri, sono tra le più alte d’Italia. Tutti questi alberi fanno parte dell’elenco degli alberi monumentali. Quando il primo elenco venne approvato, nel 2017, la lista era composta da 2400. Oggi sono 3300, come annunciato dal ministero delle Politiche agricole il 22 aprile, Giornata mondiale della terra. Gli elenchi non sono esaustivi e non includono l’intero patrimonio arboreo monumentale italiano: molti alberi dal riconosciuto valore non sono ancora iscritti, o perché non risultano essere stati ancora censiti dai Comuni o perché le Regioni non hanno ancora ultimato il lavoro di istruttoria delle proposte comunali. Insomma, si tratta di un work in progress e La Stampa, utilizzando i dati raccolti dalla direzione generale foreste del ministero in collaborazione con gli enti locali, ha messo a punto una mappa che, oltre alla precisa localizzazione, permettere di conoscere le informazioni associate ad ogni albero monumentale.

Ma quali sono strati i criteri di selezione oltre ai tre prima citati? «Alcuni alberi monumentali sono stati scelti perché si caratterizzano per la particolarità del portamento oppure appartengono a specie rare. Ma ci sono anche esemplari inseriti nell’elenco per la loro valenza ecologica di habitat per uccelli, micro mammiferi, licheni, muschi, insetti e funghi». A volte è stato utilizzato come criterio il “valore antropologico” perché la storia biologica di questi alberi può ritenersi intimamente connessa a quella delle popolazioni locali. Gli alberi sono come testimoni «silenziosi di una cultura o protagonisti di particolari eventi della storia locale o legati a personaggi e a particolari usi e tradizioni, a leggende e fatti religiosi». Ma nel catalogo sono stati inseriti anche alberi scelti per il loro «valore architettonico» e «paesaggistico».

Gli alberi monumentali spesso sono situati in aree marginali per l’utilizzazione economica del loro legname oppure inseriti all’interno di aree soggette a tutela particolare (riserve di caccia reali, proprietà monastiche, foreste demaniali, ville storiche, ecc.). Si tratta di poche migliaia di esemplari che fanno parte di un patrimonio naturale che, secondo l’inventario nazionale pubblicato nel 2005 e in fase di aggiornamento, arriva a circa 12 miliardi di alberi. Una stima prudenziale perché non ha censito le piante presenti nei boschi bassi e radi, nelle aree agricole, nei centri urbani, nei parchi e giardini, lungo le vie di comunicazione.

Un patrimonio importante cresciuto nel corso degli anni. Secondo il Forest Stewardship Council (Fsc) Italia, che cita i dati del Crea dalla fine della Prima Guerra Mondiale ad oggi, la superficie forestale italiana è triplicata. Se negli Anni 20 erano censiti in Italia circa 4 milioni di ettari di boschi, oggi se ne contano più di 11 milioni. Solo nell’ultimo decennio la superficie forestale italiana, riprendendosi gli spazi abbandonati delle nostre colline e montagne, è aumentata del 5,8%, l’equivalente di 77 mila campi da calcio. (fonte Crea). L’88% di queste aree è al giorno d’oggi antropizzata e di origine semi-naturale. Il 63% dei boschi italiani risulta di proprietà privata, individuale o familiare. Il restante 34% è invece di proprietà pubblica, molto spesso di enti territoriali come i Comuni. Solo il 3% dei boschi italiani non ha proprietario o non si conosce. Il valore economico prodotto dalle foreste italiane è di 450 euro per ettaro all’anno, pari a 85 euro per cittadino ma siamo lontani da una gestione sostenibile: i boschi ricoprono ormai circa il 40% del territorio italiano (Fonte: Raf Italia), ma ne utilizziamo solo una minima parte. Questo abbandono è un’occasione mancata di sviluppo che ci porta ad essere tra i principali importatori di legname in Europa, oltre ad esporci a rischi sempre maggiori a causa del dissesto idrogeologico e degli incendi.

FONTE: La Stampa